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Alessandro Gogna

Storico dell'alpinismo, consulente ambientale e guida alpina

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Home / Articoli taggati “Bidecalogo” / Pagina 2

Tag: Bidecalogo

Posted on 25 Gennaio 201520 Ottobre 2016 by Administrator — Lascia un commento

Nuovo Bidecalogo Punto 9. I cambiamenti climatici

Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 9 ai cambiamenti climatici. Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 9.

Il Punto 9, che qui potete leggere isolato, riassume perfettamente la situazione mondiale sul tema dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale. In particolare evidenzia giustamente che “il riscaldamento atmosferico è particolarmente evidente nelle aree di media e alta quota dove può arrivare ad essere sino a tre volte più intenso che nelle zone di pianura“.

In seguito affronta la descrizione del processo di disgregazione delle rocce sottoposte al continuo disgelo e gelo delle acque infiltrate, un fenomeno di certo meno presente con una temperatura media annuale più bassa di quella degli ultimi anni.

Bidecalogo-9-bearours3

Infine “anche la disponibilità di acqua in futuro potrebbe venire compromessa dal cambiamento climatico, questo però su scala temporale media poiché, a breve termine, potremmo assistere, invece, a un aumento della disponibilità di acqua a seguito dell’intensificarsi dei fenomeni di fusione nivale, glaciale e del permafrost. Su lungo periodo, invece, esaurite o ridotte all’estremo le risorse criosferiche, la disponibilità idrica potrebbe ridursi drasticamente (questo, ovviamente, sulla base di ipotizzabili scenari climatici futuri che vedano un ulteriore incremento termico ed una riduzione delle precipitazioni solide invernali)“.

Questi fenomeni sono all’origine di nuove situazioni di pericolosità ambientale che coinvolgono sia i frequentatori occasionali della montagna sia gli abitanti.

Passando agli impegni da prendere, il Punto 9 insiste sulla necessità di rendere tutti consapevoli di questi nuovi pericoli ambientali e sulla necessità di promuovere a tutti i livelli la diminuzione del traffico a motore (la cui CO2 prodotta è largamente responsabile di una parte del riscaldamento), un comportamento più virtuoso sia a livello sociale che individuale.

Osserviamo solo che il Bidecalogo non affronta il problema della de-stagionalizzazione. Lo stesso Annibale Salsa ci avverte: “Il turismo montano cambia. Si dice che quello invernale dovrà fare i conti con i cambiamenti climatici. Il nuovo verbo è, dunque, la de-stagionalizzazione. La montagna, infatti, è bella in tutte le stagioni. Noi soci del Club alpino andiamo in montagna tutto l’anno. Siamo consapevoli che la montagna rappresenta un valore in tutte le quattro stagioni. Pertanto, il concetto di de-stagionalizzazione dobbiamo lanciarlo noi, che andiamo tutto l’anno in montagna, e sostenerlo laddove si decidono le politiche turistiche“.
Questo Punto 9, se avesse affrontato anche questo argomento e si fosse preso come impegno la promozione (prima di tutto culturale) della de-stagionalizzazione, sarebbe stato probabilmente perfetto.

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 8 (precedente)

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 10 (successivo)

Category: GognaBlog
Tags: Bidecalogo, cambiamento climatico, clima, de-stagionalizzazione, saggio
Posted on 15 Gennaio 201520 Ottobre 2016 by Administrator — Lascia un commento

Nuovo Bidecalogo Punto 8. Le Terre Alte

Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 8 alle Terre Alte (attività umana e agricoltura di montagna). Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 8.

Come recita il titolo, il Punto 8 si occupa delle Terre Alte e, meno genericamente, dell’attività umana e dell’agricoltura in montagna. In realtà, nello svolgimento del tema della posizione del CAI, come pure nell’elenco dei punti d’impegno dello stesso, gli autori trattano con la stessa serietà la gestione del patrimonio boschivo.

Bidecalogo8-maxresdefault

Le osservazioni al Punto 8, peraltro esposto con linguaggio netto, preciso e, contrariamente ad altri punti, per nulla compromissorio, si concentrano solo su alcune “dimenticanze” per nulla secondarie. Nell’ordine:

– significato di Terre Alte;

– allevamento;

– attività nel campo dell’offerta turistica;

– sostegno ai nuclei giovanili (allevatori, agricoltori e operatori turistici) di provenienza locale o cittadina.

Bidecalogo8-Agricoltura-Bergamo

Terre Alte
Fino a qualche anno fa ci si accontentava della parola “montagna” per indicare appunto quella zona della crosta terrestre caratterizzata da rilievi e non da pianure. Con essa si indicava, in modo un po’ impreciso ma comunque di solito efficace se si prestava attenzione all’ambito di un discorso, sia la parte abitata che la parte disabitata dall’uomo.

Da un po’ di anni a questa parte si è affermato (soprattutto nelle orazioni ufficiali) l’uso di una nuova espressione, le Terre Alte, per indicare appunto “le regioni di montagna occupate e vissute dall’uomo”. Il Punto 8 non si spinge a definire oltre questo concetto, cosa che non avviene neppure in altra parte del Bidecalogo. E questo è un peccato, perché se si introduce nel vocabolario una nuova locuzione, sarebbe giusto precisarne i contorni e il significato, partendo in primo luogo dal dare giustificazione di questa operazione culturale vera e propria. Finché si parlava di montagna, potevamo tollerare l’imprecisione, ma dal momento che si fa una divisione non la tolleriamo più e vorremmo capire quali sono i confini esatti.

Perché si è voluto parlare e si parla di “Terre Alte”? Quanto è sensibile la contrapposizione con il più americano wilderness? Da che quota sul livello del mare (e in relazione alle latitudini) le Terre Alte cominciano a essere tali? Esiste un allacciamento al concetto politico di Arco Alpino? Dove s’incrociano questi ambiti, che territori hanno in comune (culturale, politico, economico, ecc.)?

Sono domande cui finora non è stata data risposta… e il motivo è che in effetti, a quel che mi risulta, non sono state mai neppure formulate.

Bidecalogo8-agriturismo-agrifoglio-news-3

Allevamento
In tutto il Bidecalogo si è evitato di usare la parola “allevamento”. L’unico accenno che vi si fa è quando si usa l’aggettivo agro-silvo-pastorale. Non potendo pensare che improvvisamente tutti i soci del CAI siano diventati o vogliano diventare vegetariani, mi sono stupito di fronte a questa dimenticanza. In particolare, in questo Punto 8, quando si parla di agricoltura, sarebbe stato giusto spendere qualche parola sull’allevamento. Specialmente in tempi come quelli odierni in cui l’allevamento intensivo di polli, vacche e maiali, tipici della pianura globalizzata, rischia di stravolgere anche ciò che va al di là della semplice abitudine alimentare. Se nel Punto 8 si parla (e se ne parla) di sostenere l’economia montana, questo argomento è tutt’altro che secondario: sostenere e favorire allevamenti naturali in montagna (o nelle Terre Alte che dir si voglia) è fondamentale e darebbe maggior forza al marchio di qualità.

Quando nel testo si enunciano i propositi d’impegno, è scritto “incentivare l’individuazione e quindi favorire le produzioni agricole a denominazione d’origine protetta e controllata“; ed è scritto “il CAI ritiene inoltre che l’integrazione al reddito agricolo, creato da attività agrituristiche, improntate alla sostenibilità, sia da incentivarsi, al fine di favorire il commercio e il consumo anche in loco della produzione agricola, i cosiddetti prodotti a “Km 0”. Bene, è proprio in queste affermazioni che ci si dimentica dell’allevamento “naturale”. Qui, in questi due capoversi, se ne sarebbe dovuto parlare.

Attività nel campo dell’offerta turistica
Le attività economiche del territorio montano oggi non si riducono a quelle agro-silvo-pastorali. Non credo certo che il CAI non sia d’accordo. Ma allora perché non attivarsi e impegnarsi perché nuove forme di attività lavorative si associno a quelle vecchie? Perché tralasciare le nuove possibilità turistiche? Se lo fa l’Università della Montagna (e lo fa), perché il CAI se ne “dimentica”? Paura di ritrovarsi involontariamente in mezzo al business? Non vedo perché…

Bidecalogo8-agriturismo-camere

Sostegno ai nuclei giovanili
Nell’elenco dei propositi d’impegno, manca totalmente il sostegno ai nuclei giovanili (allevatori, agricoltori e operatori turistici), di provenienza locale o cittadina.

Lo stesso Annibale Salsa sente il bisogno di aggiungerlo, senza farlo pesare, nella sua presentazione: “Il ritorno di giovani nuclei familiari alla montagna, dopo il grande esodo “biblico” degli anni ’60-’70, va incoraggiato e sostenuto… Nuclei familiari giovanili di agricoltori e allevatori stanno credendo nuovamente nella montagna come luogo di vita e di lavoro. Il fenomeno si sta diffondendo, a macchia di leopardo, su gran parte dell’arco alpino e della dorsale appenninica. In alcune zone i numeri sono abbastanza significativi“.

Osservo che anche Salsa non affronta il discorso della “provenienza locale o cittadina”. A me sembra invece di fondamentale importanza che, nel dare fiducia a piccole imprese, non si faccia distinzione di provenienza. Questo non significa alienazione del territorio, significa al contrario nuova vita. Dare vera fiducia significa che quando uno, giovane o meno giovane, cittadino o montanaro, locale o straniero, va in banca a chiedere aiuto economico, il prestito per la sua attività non gli debba essere negato per la sua provenienza o presunta inesperienza. Non deve più ripetersi l’ostracismo dei poveri che l’emozionale film di Giorgio Diritti Il vento fa il suo giro così magistralmente denunciò a suo tempo (2005).

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 7 (precedente)

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 9 (successivo)

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Category: GognaBlog
Tags: agricoltura, allevamento, attività agro-silvo-pastorali, attività di ricezione turistica, Bidecalogo, CAI, occupazione, Terre Alte
Posted on 15 Dicembre 201420 Ottobre 2016 by Administrator — Lascia un commento

Nuovo Bidecalogo punto 7. Le fonti di energia rinnovabile

Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 7 alle fonti di energia rinnovabile. Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 7.

Per la prima volta dall’inizio del nostra lettura critica, ci sentiamo di approvare in toto quanto enunciato in questo settimo Punto e sottoscriviamo perciò questo testo, che riportiamo integralmente. L’unica nota che ci permettiamo è un appunto su ciò che manca nel testo: perché non si fa cenno, né nell’analisi né negli impegni enunciati, al problema della sicurezza per le popolazioni? Perché non si promuovono studi approfonditi sulla pericolosità dei pendii delle montagne che circondano i bacini idroelettrici? Non c’è bisogno di evocare il Vajont o la frana che creò l’attuale Lago di Alleghe per capire che oggi slittamenti di roccia e terra non sono certo un fenomeno raro. Un’analisi seria di ciò che pencola ai bordi dei laghi artificiali è doverosa. Non facciamo finta di dimenticarcene…

Impianto biogas da insilato verde, alimentato con fieno verde (Manduria, TA)fontienergiarinnovabile-Impianto Cicerale ManduriaPunto 7 – fonti di energia rinnovabile
Il CAI è conscio della fondamentale importanza dell’energia e della sua disponibilità per la sopravvivenza e lo sviluppo dei territori di montagna. Diverse fonti rinnovabili di energia (energia cinetica, idraulica ed eolica, biomasse forestali, ecc.) traggono origine, per condizioni favorevoli, dalle zone montuose, ma il loro sfruttamento può causare importanti squilibri (idrogeologici, paesaggistici, floro-faunistici e antropico-sociali) all’ambiente.

Le attuali fonti rinnovabili di energia pongono problemi non indifferenti al paesaggio e all’ambiente naturale in genere:

  • l’eolico industriale, per la necessità di infrastrutture di grande impatto in rapporto alla modesta energia prodotta;
  • il fotovoltaico, per la tendenza a sostituirsi all’agricoltura nelle campagne e sui pendii dolci e per l’impoverimento della fertilità dei suoli;
  • l’idroelettrico, oltre a modificare radicalmente l’idrografia e l’ambiente nelle zone di captazione, riduce fortemente la portata dei corsi d’acqua con evidenti ricadute sulla loro naturalità e sui territori a valle;
  • gli impianti a biomassa, possono alterare l’economia delle coltivazioni alimentari, fenomeno tutt’altro che raro, e provocare massiccia importazione di materiale dai Paesi Esteri con devastanti ricadute su quei territori e sul traffico conseguente al trasporto della materia prima.

L’utilizzo di tali fonti, auspicabile in linea di principio, è tuttavia oggi distorto da incentivazioni economiche che possono alterare e falsare la loro sostenibilità economico-ambientale e indurre speculazioni industriali a spese dell’ambiente naturale e del paesaggio.

Pale eoliche a Rialto (SV)
fontienergiarinnovabili-Rialto-torinosavona22La posizione del CAI
Il CAI ritiene che le fonti di energia rinnovabili possano essere sostenute, operando in modo che il loro utilizzo debba sottostare:

  • a un controllo positivo del rapporto costi-benefici in termini energetici, economici, ambientali e sociali, esperito tramite la valutazione di incidenza ed impatto ambientale per le nuove strutture;
  • al rispetto dei vincoli e dei principi di sostenibilità ambientale e paesaggistica previsti dalle vigenti disposizioni con particolare riferimento alle aree protette (parchi nazionali, regionali, SIC, ZPS ed Aree Natura 2000);
  • alla priorità nella installazione del fotovoltaico in centri abitati e/o utilizzando strutture già esistenti (tetti, parcheggi, ecc.);
  • all’evitare installazioni in zone agricole, maggenghi e alpeggi, anche se abbandonati;
  • all’accertamento, per l’eolico, della sussistenza di una ventosità che assicuri una produttività specifica media equivalente ad almeno 2.000 ore/anno di funzionamento a potenza nominale.

Il CAI ritiene inoltre che debba essere favorito per le piccole comunità l’uso dell’energia autoprodotta da piccole centrali locali, che utilizzino biomasse di risulta, provenienti dai boschi e dagli allevamenti (biogas), o addirittura carbone locale.

L’impianto fotovoltaico sul tetto della Martignani (Lugo, RA)fontienergiarinnovabili-martignani-fotovoltaico1L’impegno del CAI
–
seguire la legislazione nazionale e regionale in materia e i piani pluriennali di sviluppo per impedire, con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali, violazioni della stessa;
– sostenere studi, sviluppi e utilizzo di fonti rinnovabili di energia;
– sostenere l’indirizzo delle incentivazioni in campo energetico preferibilmente verso programmi di ricerca per nuove fonti ad alto rendimento e per una maggiore efficienza e risparmio delle utilizzazioni finali di energia;
– vigilare affinché ogni nuova realizzazione o ampliamento di quanto esistente risulti inquadrata nei piani energetici nazionali e/o regionali, nonché per impedire gravi danni all’ambiente anche con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali. Vedi Documento approvato dal CC in data 29/03/2008.

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 6 (precedente)

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 8 (successivo)

La diga artificiale di Ridracoli (Parco Nazionale Foreste Casentinesi)fontienergiarinnovabili-Idracoli-diga 3

Category: GognaBlog
Tags: Bidecalogo, CAI, fonti energetiche
Posted on 15 Novembre 201420 Ottobre 2016 by Administrator — Lascia un commento

Nuovo Bidecalogo Punto 6. Politica venatoria

Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 6 alla politica venatoria. Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 6.

Riporto integralmente la frase iniziale del Punto 6: “Pur essendo senza dubbio auspicabile che in un prossimo futuro il rapporto dell’uomo con la natura non debba più in nessun caso presupporre forme di violenza gratuita, si constata però che oggi le attività della caccia rappresentano ancora per alcuni un modo per avvicinarsi all’ambiente naturale”.

Credo possano essere in molti a contestarla: sappiamo bene che la caccia esiste, sappiamo bene quanto radicato sia nell’uomo l’istinto di uccidere, quanto questo ci leghi all’ancestralità più profonda… ma non possiamo accettare che le attività venatorie in qualche modo rappresentino “un modo per avvicinarsi all’ambiente naturale“.

Bidecalogo6-camoscio580

Per me equivale a dire che anche lo stupro è un modo per avvicinarsi al rapporto uomo-donna. Che lo stupro ci sia è un dato di fatto, ma che sia anche vagamente accettabile perché tramite suo qualcuno arriva al rapporto uomo-donna, questo è fermamente indifendibile.

Indifendibile, grezzo, violento e barbarico è dunque anche solo accennare a un riconoscimento dell’attività venatoria come “tramite” ai valori dell’ambiente naturale, perché quel tramite a mio parere distrugge e non costruisce, perché la caccia sottrae all’ambiente naturale della fauna da ammirare e studiare.

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Detto questo, il Punto 6 prosegue con il giusto invito al rispetto delle leggi, il plauso alla reintroduzione di specie autoctone e al ripopolamento di specie animali fortemente ridotte, la spinta al recupero di forme virtuose di convivenza tra l’uomo e la fauna selvatica. Afferma poi, con forza notevole: “Il CAI ritiene necessarie la redazione della Carta Natura, la revisione della composizione del Comitato Tecnico Faunistico Venatorio, la rimodulazione degli Ambiti Territoriali di Caccia e degli Istituti Venatori Provinciali. Il CAI intende sostenere le imprese agricole che svolgono attività di tutela e incremento della biodiversità, che adottano sistemi di certificazione ambientale, che s’impegnano alla riproduzione di razze animali autoctone. Ritiene inoltre che debbano essere aggiornati i criteri di stima per la valutazione del risarcimento dei danni all’agricoltura prodotti dalla fauna selvatica“.

Bidecalogo6-gallo_cedrone_14_femminaE di nuovo pare vi sia una contraddizione tra la tutela dell’ambiente montano, la reintroduzione di specie animali autoctone o fortemente ridotte e la “rimodulazione” degli ambiti territoriali di caccia. Poichè non si vorrebbe che il CAI vedesse la caccia come un tramite per avvicinarsi all’ambiente montano, altrettanto fortemente si vorrebbe che l’ambiente montano fosse scevro da ambiti venatori non legati esclusivamente all’attività di gestione faunistica provinciale necessaria. 

Alquanto acuto e un po’ preoccupato è il commento di Annibale Salsa: “Qui si apre un dilemma: come conciliare il ritorno dei predatori con il ritorno dell’uomo alle attività agro-pastorali in montagna, anch’esso auspicato? Ho sentito, nelle Alpi Occidentali, molta preoccupazione da parte di giovani allevatori e neo-rurali riguardo alla massiccia presenza del lupo. Più o meno la stessa cosa si riscontra in Trentino per la presenza dell’orso (si veda il caso Daniza e i suoi cuccioli, NdR). Sicuramente occorre distinguere i problemi reali dalle facili strumentalizzazioni politiche. Nuclei familiari giovanili di agricoltori e allevatori stanno credendo nuovamente nella montagna come luogo di vita e di lavoro. Il fenomeno si sta diffondendo, a macchia di leopardo, su gran parte dell’arco alpino e della dorsale appenninica. In alcune zone i numeri sono abbastanza significativi. Da parte di molti nuovi insediati vi è una certa preoccupazione per attacchi alle greggi ad opera dei predatori. Il problema va affrontato scientificamente al riparo da enunciazioni ideologiche. Si ripropone, anche in questi casi, il problema della capacità di carico sul territorio in termini di densità abitativa dei predatori i quali, se mal gestiti, possono mettere in crisi il ritorno alla montagna degli allevatori“.

Bidecalogo6-mamma-orsa-mostra-ai-cuccioli-come-si-fa

Ci piacerebbe dare spazio agli studi più approfonditi e che le analisi di inserimento valutassero anche il futuro e fossero in grado di contemperare la coabitazione, così che non si abbiano a ripetere eventi tragici quali l’uccisione di un animale giudicato pericoloso o di un capo di bestiame, perchè entrambi i fatti sono una sconfitta che merita attenzione.

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 5 (precedente)

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 7 (successivo)

Category: GognaBlog
Tags: ambiente naturale, Bidecalogo, caccia, CAI, protezione
Posted on 15 Ottobre 201420 Ottobre 2016 by Administrator — Lascia un commento

Nuovo Bidecalogo Punto 5. Sfruttamento del territorio

Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 5 agli impianti industriali, cave, miniere, prelievi fluviali, sfruttamento del suolo e impianti idroelettrici. Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 5.

Commento
Il testo è preciso e afferma concetti irrinunciabili. E’ debole però quando accetta di parlare di limitazione degli sfruttamenti ambientali (e non di eliminazione). Occorre scaldarsi, combattere, decisi, forti, resistenti, fieri delle nostre idee. Cave, strade, impianti industriali, prelievi fluviali devono essere fermati. Abbiamo sopportato già troppo.

Nel testo del Punto 5, in chiusura alla posizione e all’impegno del CAI, ricorre la frase “Tali attività dovranno essere limitate anche nelle aree contigue dei parchi, ove si preveda un grave deturpamento del paesaggio“. Mi chiedo se non sia un grave errore formale, sostanziale e tattico, perché stando al significato letterale, tale affermazione potrebbe essere letta al contrario, come se il CAI ritenesse possibili tali attività in aree non contigue ai Parchi. E se così fosse, tale affermazione contrasterebbe con le stesse premesse ove il CAI dichiara di voler proteggere l’ecosistema montano, nella sua interezza, non soltanto dei Parchi. Che bello sarebbe stato leggere un impegno a far cessare tali attività “su tutto il territorio, indipendentemente dalla contiguità, dall’appartenenza o non appartenenza ai parchi”!

Per il Club Alpino Italiano ogni area montana dovrebbe essere degna di conservazione, che sia parco o no. E le attività non devono essere limitate, devono essere fermate, facendo ogni sforzo perché l’economia locale sia salvaguardata con la debita conversione delle attività stesse. Dobbiamo puntare tutto su gastronomia e turismo rispettoso dell’ambiente, e solo il minimo indispensabile sullo sfruttamento del territorio.

Infine sarebbe stato utile un accenno all’opportunità di sostenere maggiormente le energie rinnovabili, senza dighe e acquisto di petrolio. E facendo attenzione a non privilegiare i moderni mulini a vento.

Anche Annibale Salsa nella sua introduzione purtroppo ribadisce: “Non si tratta di bloccare le attività produttive, di affermare una “cultura del no”. Piuttosto, si tratta di portare proposte costruttive su come agire al meglio onde evitare l’irreparabile per l’ambiente ed il paesaggio. Evitiamo le crociate, che non portano da nessuna parte!”.
Allo stato di cose in cui siamo temo che questa sia una posizione un po’ debole. E non è vero che le crociate non portano da nessuna parte se sono fonte di riflessioni condivise a tutti i livelli. Solo quelle storiche della Chiesa non devono fare da esempio, se non appunto esempio da non seguire. La crociata dev’essere pura, non asservita ai poteri temporali.

Per comodità, riporto integralmente il Punto 5.
IMPIANTI INDUSTRIALI, CAVE, MINIERE, PRELIEVI FLUVIALI, SFRUTTAMENTO DEL SUOLO, IMPIANTI IDROELETTRICI
Anche ad alta quota ambiti montani di particolare bellezza sono stati, a volte, rovinati da cave e miniere. Molteplici vallate e fiumi subiscono prelievi fluviali e/o sbarramenti per lo sfruttamento idroelettrico. Le tecniche moderne hanno accelerato e massificato gli interventi, con danni a volte irreparabili al paesaggio e all’ambiente, anche per i collegamenti stradali realizzati per il trasporto su gomma dei materiali estratti. L’accumulo a valle dei residuati può, a volte, modificare in modo grave il territorio.

Alpi Apuane, cave
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L’utilizzo industriale del territorio anche se necessario per lo sviluppo del Paese deve essere realizzato nel rispetto, per quanto possibile, dell’ambiente e nella salvaguardia delle risorse naturali.

LA POSIZIONE DEL CAI
Il CAI ritiene sia di assoluta importanza:
• limitare i prelievi e gli interventi allo stretto necessario, valutando il rapporto costi-benefici soprattutto in funzione dei vantaggi sociali rispetto al danno alle comunità locali;
• sostenere il principio del divieto di escavazione e di prelievi di materiale fluviale, fatti salvi i drenaggi necessari alla sicurezza degli alvei;
• operare per ripristinare e recuperare nelle forme più originarie possibili, i luoghi di cava o miniera o di prelievo fluviale dismessi.

Tali attività dovranno essere limitate anche nelle aree contigue dei parchi, ove si preveda un grave deturpamento del paesaggio.

Impianto fotovoltaico domestico
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L’IMPEGNO DEL CAI
• seguire la legislazione nazionale e regionale in materia ed i piani pluriennali di sviluppo di tali attività, per impedire, con opposizioni in sede amministrativa o ricorsi giurisdizionali, gravi danni all’ambiente;
• partecipare, laddove previsto, con propri rappresentanti, anche assieme ai rappresentanti di altre Associazioni Ambientaliste, alle attività delle Commissioni e Consulte Istituzionali per la programmazione e gestione mineraria dell’attività di escavazione e/o prelievi;
• sostenere il principio del divieto assoluto di escavazione di materiali (marmi, dolomia, inerti, ecc.) e di prelievi di materiale fluviale, fatti salvi i drenaggi necessari alla sicurezza degli alvei.

Tali attività dovranno essere limitate anche nelle aree contigue dei parchi, ove si preveda un grave deturpamento del paesaggio.

Il progettato impianto eolico al Passo del Brennero
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vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 4 (precedente)

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 6 (successivo)

Category: GognaBlog
Tags: Bidecalogo, CAI, cave, impianti eolici, impianti idroelettrici
Posted on 15 Settembre 201420 Ottobre 2016 by Administrator — Lascia un commento

Nuovo Bidecalogo Punto 4. Turismo in montagna

Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 4 al Turismo in Montagna. Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 4.

In questo punto Il Nuovo Bidecalogo è quasi completo, comunque incisivo, specie quando sostiene con chiarezza che lo sci di pista e le sue infrastrutture abbiano “un impatto devastante sul territorio montano” e che ciò vale anche “per altri tipi di infrastrutture al servizio del turismo di massa in montagna quali: parchi avventura, campi da golf, piste per il downhill”.

Fa inoltre proprie alcune tematiche proprie dell’ambientalismo, di vecchia e nuova data, quando afferma che nella sostituzione di impianti obsoleti il terreno ove insistevano i vecchi impianti debba essere riportato quanto più possibile allo stato originale, ripristino che vale anche dopo il semplice smantellamento degli impianti non più in funzione.

Ineccepibile e doverosa è l’affermazione che il CAI è contrario a nuove strade, come pure che intende “contrastare o comunque scoraggiare l’uso di aerei, elicotteri, motoslitte per finalità ludico-sportive”, anche se qui io avrei aggiunto “turistiche” al binomio “ludico-sportive”.

Bidecalogo 4

Vediamo ora quali sono i punti insufficienti: perché il CAI limita la sua contrarietà a “nuove opere a fune per raggiungere vette, ghiacciai, valichi, o territori che comunque superino i 1.600 metri sulle Alpi ed i 1.200 metri sull’Appennino”? Perché fa lo stesso condannando la “realizzazione di nuove stazioni sciistiche sotto i 2.000 metri di quota”?

Cosa significa, che sulle Alpi sotto i 1.600 metri (e sugli Appennini sotto ai 1.200) va tutto bene, il CAI benedice? E sotto i 2.000 si possono costruire nuove stazioni sciistiche, magari tipo Sestrière o Cervinia o tipo le orrende megastazioni francesi sorte dal nulla di tanti prati con una malga?

Trovo queste due affermazioni, oltre che ingiuste, perfino in contraddizione tra di loro.

Passiamo poi al punto in cui il CAI s’impegna a “intervenire nelle procedure amministrative di approvazione della pianificazione e in particolare dei piani neve, a tutela del paesaggio e dell’ambiente, esperendo, se necessario, i previsti ricorsi amministrativi e/o giurisdizionali”. Giusto che il concetto di intervento sia espresso, in modo da andare oltre la sola “contrarietà”. Però attenzione, perché questo è esattamente il punto in cui si vedrà se alle parole seguiranno i fatti. L’esempio del rifugio del passo Sella purtroppo ci dice il contrario.

Infine, è di estrema importanza il concetto di de-stagionalizzazione, processo senza il quale è difficile la realizzazione di qualunque cambiamento positivo.
Giustamente il Bidecalogo sostiene che occorre “un grande sforzo per la diversificazione dell’offerta mirata alle presenze lungo tutto l’arco dell’anno”. E Annibale Salsa incalza: «Il turismo montano cambia. Si dice che quello invernale dovrà fare i conti con i cambiamenti climatici. Il nuovo verbo è, dunque, la de-stagionalizzazione. La montagna, infatti, è bella in tutte le stagioni. Noi soci del Club alpino andiamo in montagna tutto l’anno. Siamo consapevoli che la montagna rappresenta un valore in tutte le quattro stagioni. Pertanto, il concetto di de-stagionalizzazione dobbiamo lanciarlo noi, che andiamo tutto l’anno in montagna, e sostenerlo laddove si decidono le politiche turistiche».

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 3 (precedente)

vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 5 (successivo)

Category: GognaBlog
Tags: Bidecalogo, CAI, turismo sostenibile
Posted on 15 Agosto 201420 Ottobre 2016 by Administrator — Lascia un commento

Nuovo Bidecalogo Punto 2. Il bene ambientale

Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 2 al territorio, al paesaggio e al suolo. Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 2.

Secondo la moderna accezione i beni ambientali fanno parte del patrimonio culturale di un paese, sono riconosciuti come zone corografiche, ossia rappresentative di una determinata regione, che costituiscono paesaggi naturali o trasformati ad opera dell’uomo (quelle zone in cui siano presenti strutture insediative urbane che, per il loro pregio, offrono testimonianza di civiltà). Ma non è sempre stato così. Nella legge 1º giugno 1939, n.1089 (Legge “Bottai”), a lungo restata il testo di riferimento per la tutela e la protezione dei beni culturali in Italia, si parlava infatti di “cose d’arte”, comprendendo quindi solo beni significativi dal punto di vista estetico e solo beni costituiti da oggetti materiali. Parallelamente, nella legge n.1497 dello stesso anno, che riguardava la tutela ambientale, si parlava di “bellezze naturali”, non elette ancora quindi a status di bene (o patrimonio). Secondo l’articolo 9 della Costituzione italiana, “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica. Tutela e valorizza il patrimonio storico e artistico della nazione“. Solo nell’articolo 117, nelle competenze dello Stato e delle Regioni in materia di tutela e legislazione dei “beni culturali“, si afferma che è lo Stato che deve legiferare in tema di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”.

Funes e le OdleBidecalogo2-montagne_sfondo1L’utilizzo del termine “beni culturali”, a partire dagli anni ’50 in vari atti internazionali e nella legislazione italiana, portò all’istituzione nel 1975 del “Ministero per i Beni Culturali e Ambientali”, divenuto poi nel 1998 “Ministero per i Beni e le Attività Culturali”. Le tappe di questa evoluzione rispecchiano il graduale cambiamento di significato che in queste decadi hanno si è verificato nelle parole “territorio” e “paesaggio”. Nelloa presentazione al Bidecalogo, Annibale Salsa sottolinea che “Anni fa il paesaggio veniva collocato all’interno della dimensione puramente estetica, anzi estetizzante nel senso idealistico e contemplativo della cultura filosofica allora dominante. Oggi, finalmente, è in atto un’evoluzione del concetto e della nozione di paesaggio, assai ben chiarita ed esplicitata attraverso la “Convenzione europea sul Paesaggio”, siglata a Firenze nell’ottobre dell’anno 2000”. Il pensiero idealistico di Benedetto Croce o Giovanni Gentile non ispira più teorie che si specchiavano nella legge Bottai (1939), dove “bene culturale” era un oggetto fisico e il paesaggio esisteva solo in chiave estetica. Oggi il paesaggio è “la risultante dell’interazione tra uomo e ambiente naturale”. Secondo questa definizione, oggi “ambiente” è l’ecosistema naturale, mentre “paesaggio” è la “costruzione sociale” prodotta dalle relazioni tra uomo e natura. Anche altre parole hanno subito trasformazioni: oggi il territorio è una rappresentazione culturale, quindi uno spazio antropologico, mentre il terreno è spazio geologico. Nel Punto 2 del Bidecalogo, intitolato Il territorio, il paesaggio, il suolo è affermato subito che “Il paesaggio è la particolare fisionomia di un territorio determinata dalle sue caratteristiche fisiche, antropiche, biologiche ed etniche, così come è percepita dalle popolazioni”. Questo passaggio deriva direttamente dalla Convenzione Europea del paesaggio, ratificata anche dall’Italia nel 2006. In essa è sancito che il paesaggio non è solo questione estetica o culturale ma costituisce una “risorsa”, perciò va gestito e pianificato in modo adeguato, perché può contribuire alla creazione di posti di lavoro. Quanto più il paesaggio è inteso come risorsa, tanto minore dovrebbe essere il consumo di suolo, cioè la progressiva trasformazione di superfici naturali o agricole mediante la realizzazione di costruzioni ed infrastrutture. Al momento di definire la sua posizione il CAI afferma correttamente di sostenere la tutela del paesaggio e ritiene indispensabile limitare al minimo il consumo del suolo. Poi osserva che le procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione ambientale strategica (VIA e VAS), da tempo introdotte nel nostro ordinamento, costituiscono i principi guida per una corretta gestione del territorio (ma sappiamo tutti che le nostre leggi sono buone, il problema è la non univoca interpretazione e la possibilità di scappatoie); infine dichiara che le opere e gli interventi antropici “devono essere proposti in un quadro di pianificazione territoriale, sottoposti a una valutazione di carattere economico con analisi dei costi-benefici, autorizzati (laddove previsto dalle leggi nazionali e regionali) solo dopo il superamento di una valutazione di impatto ambientale, ambientale strategica ed anche di incidenza per le aree Natura 2000“. Il CAI precisa ulteriormente la sua posizione dichiarando di voler approfondire “il nuovo concetto di valutazione economica di impatto della attività umana sull’ambiente che da qualche tempo è emerso nella comunità scientifica“. La cosiddetta economia ambientale si regge sui parametri classicamente economici ma valuta anche il “capitale naturale” (valore economico di ambiente + prodotto del territorio (fisico e artistico-culturale). Nello sviluppo sostenibile e duraturo il capitale naturale è parte essenziale con la stessa dignità del capitale fisso e del lavoro. Per ciò che riguarda l’impegno concreto del CAI, la frase più importante è dunque quella che riguarda il sostegno e la diffusione del principio che l’economia naturale valorizza il capitale naturale.

http://www.alessandrogogna.com/2014/06/28/nuovo-bidecalogo-punto-1-e-le-aree-non-protette/

http://www.alessandrogogna.com/2014/08/23/nuovo-bidecalogo-punto-3-vie-di-comunicazione-e-trasporti/

Category: GognaBlog
Tags: Bidecalogo, capitale naturale, consumo di suolo, economia naturale, gestione del territorio, paesaggio, suolo
Posted on 28 Giugno 201420 Ottobre 2016 by Administrator — Lascia un commento

Nuovo Bidecalogo Punto 1. E le aree non protette?

Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 1 a La Montagna e le aree protette.

Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 1.

Annibale Salsa, nell’introduzione, ci porta l’attenzione a una considerazione fondamentale sul paesaggio: “Trent’anni fa il paesaggio veniva collocato all’interno della dimensione puramente estetica, anzi estetizzante nel senso idealistico e contemplativo della cultura filosofica allora dominante. Oggi, finalmente, è in atto un’evoluzione del concetto e della nozione di paesaggio, assai ben chiarita ed esplicitata attraverso la “Convenzione europea sul Paesaggio”, siglata a Firenze nell’ottobre dell’anno 2000.

Di conseguenza, si parla di paesaggio non più secondo i contenuti della famosa legge Bottai del 1939, che recepiva teorie ispirate al pensiero idealistico di filosofi come Giovanni Gentile o Benedetto Croce. All’interno di quelle visioni, il paesaggio veniva declinato in una chiave meramente ideale ed astraente. Ma il paesaggio è anche altra cosa. Il paesaggio è, soprattutto, la risultante dell’interazione tra uomo e ambiente naturale… Bisogna parlare di ambiente come ecosistema naturale e di paesaggio come “costruzione sociale”, prodotta dalle relazioni tra uomo e natura. Prioritario diventa il riferimento al territorio, in quanto il territorio è una rappresentazione culturale, altra cosa dal terreno. Il territorio è spazio antropologico, mentre il terreno è spazio geologico. Questi concetti, vere parole chiave, sono fondamentali per una seria riflessione critico-teorica, oltre che pratica e concreta. Ben venga, allora, un necessario aggiornamento intorno al paesaggio”.

Parole sante, e in quest’ottica occorre leggere il Punto 1, dedicato alla Montagna e le aree protette.

Nei pressi del rifugio Porta

Cresta Sinigaglia, Grigna


Nuovo Bidecalogo

Punto 1: Montagna e Aree protette
L’alta montagna nel suo complesso rappresenta l’ultimo ambiente naturale ancora non completamente antropizzato dell’Europa e del Mondo e riveste, anche per tale motivo, un’importanza assolutamente eccezionale. La tutela della montagna in tutte le sue più notevoli peculiarità (ghiacciai, acque, creste, vette, crinali, forre, grotte o qualsiasi altro elemento morfologico dominante o caratteristico, vegetazione, popolazioni, animali) è essenziale per la conservazione e, ove possibile, il ripristino della biodiversità degli ambienti montani.

Assumono un ruolo fondamentale a questi fini le aree protette comunitarie, nazionali, regionali o locali, in particolare i parchi e le riserve naturali esistenti.

La posizione del CAI
Per il CAI è fondamentale la frequentazione, la conoscenza e lo studio della montagna in tutti i suoi aspetti sia naturali (flora, fauna, acque, rocce e ghiacciai) sia antropici (cultura, storia, risorse e attività delle Terre Alte).
Il CAI è convinto sostenitore della rete delle aree protette.

Ritiene di fondamentale importanza che:
• il sistema delle stesse debba essere inteso, pianificato e sviluppato quale sistema di rete ecologica senza soluzione di continuità;
• la rete di aree protette, parchi, SIC (Siti di Importanza Comunitaria), ZPS (Zone di Protezione Speciali) non debba subire alcuna riduzione di superficie;
• debba essere dedicata particolare attenzione ai corridoi ecologici, siano essi di primaria o secondaria importanza, onde evitare il formarsi di barriere antropiche che compromettono il collegamento territoriale tra le aree protette e il libero passaggio delle specie.

Auspica la revisione della legge nazionale sulle aree protette, che preveda tra l’altro:
• una dotazione finanziaria adeguata;
• una gestione che ne garantisca la tutela;
• una migliore strutturazione e competenza degli enti gestori.

L’impegno del CAI
• coadiuvare ed integrare, per quanto necessario, iniziative di tutela delle zone montane di preminente interesse naturalistico, educativo, culturale, scientifico;
• promuovere studi e ricerche finalizzati alla conoscenza degli aspetti naturali e antropici, in particolare di quelli più delicati e a rischio;
• collaborare con centri di ricerca (per es. Comitato Glaciologico), Università e progetti scientifici;
• sollecitare gli Enti preposti ad indirizzare la pianificazione territoriale alla tutela e alla conservazione dell’ambiente in contrapposizione al suo sfruttamento ed appoggiare proposte economiche ecocompatibili e sostenibili che permettano alle popolazioni di permanere nei territori di loro residenza;
• partecipare alla gestione dei parchi e delle aree protette, quando lo sia previsto per le associazioni ambientaliste dalla legge istitutiva;
• ricercare forme di partecipazione diretta nella conduzione e gestione di territori particolarmente fragili e di riserve naturalistiche, SIC, ecc.;
• sostenere ed estendere la sottoscrizione di convenzioni collaborative con la Federparchi e con singoli Parchi Nazionali e Regionali ed Aree Protette in genere.

L’impressione che si ricava da questo enunciato è estremamente positiva per ciò che riguarda le aree protette, non così per le altre aree. Io sono dell’opinione che tutta la nostra montagna alpina e appenninica debba essere difesa, dal CAI e da noi tutti, con uguale impegno, a prescindere se una qualche legge o un qualche interesse scientifico, economico o quant’altro, abbia istituito o meno un’area di protezione. Le popolazioni di montagna hanno lo stesso diritto-dovere di vivere nella loro zona, nell’ottica dello sviluppo sostenibile, senza fare riferimento a istituzioni più o meno imposte o condivise, bensì facendo riferimento nient’altro che all’amore per la propria terra e al rispetto per loro stesse e la loro cultura.

Il CAI, non avendo sottolineato questo importantissimo punto, si è posto, sia pure in modo involontario, sullo stesso piano di quelle riviste illustrate, più o meno turistico-naturalistiche, che non prendono neppure in considerazione un’area se non ha almeno un bollino di classificazione di area protetta, o almeno un preminente interesse naturalistico, educativo, culturale, scientifico, come se, nelle aree del tutto prive di questi riconoscimenti burocratici o accademici, non ci fosse nulla da difendere e tramandare nel tempo. Con questa cultura, qualunque Amministrazione si sente autorizzata ai peggiori sfruttamenti, perché se un’area non è protetta allora la si può sfruttare: e la si può sfuttare proprio perché non l’hanno protetta…

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Vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 2

Category: GognaBlog
Tags: ambiente naturale, Bidecalogo, CAI, protezione

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