
Il Nuovo Bidecalogo del CAI, approvato a Torino il 26 maggio 2013, dedica il Punto 1 a La Montagna e le aree protette.
Potete consultare il documento finale e la presentazione del past-president Annibale Salsa, i due documenti sui quali ho lavorato per esprimere un mio parere sul Punto 1.
Annibale Salsa, nell’introduzione, ci porta l’attenzione a una considerazione fondamentale sul paesaggio: “Trent’anni fa il paesaggio veniva collocato all’interno della dimensione puramente estetica, anzi estetizzante nel senso idealistico e contemplativo della cultura filosofica allora dominante. Oggi, finalmente, è in atto un’evoluzione del concetto e della nozione di paesaggio, assai ben chiarita ed esplicitata attraverso la “Convenzione europea sul Paesaggio”, siglata a Firenze nell’ottobre dell’anno 2000.
Di conseguenza, si parla di paesaggio non più secondo i contenuti della famosa legge Bottai del 1939, che recepiva teorie ispirate al pensiero idealistico di filosofi come Giovanni Gentile o Benedetto Croce. All’interno di quelle visioni, il paesaggio veniva declinato in una chiave meramente ideale ed astraente. Ma il paesaggio è anche altra cosa. Il paesaggio è, soprattutto, la risultante dell’interazione tra uomo e ambiente naturale… Bisogna parlare di ambiente come ecosistema naturale e di paesaggio come “costruzione sociale”, prodotta dalle relazioni tra uomo e natura. Prioritario diventa il riferimento al territorio, in quanto il territorio è una rappresentazione culturale, altra cosa dal terreno. Il territorio è spazio antropologico, mentre il terreno è spazio geologico. Questi concetti, vere parole chiave, sono fondamentali per una seria riflessione critico-teorica, oltre che pratica e concreta. Ben venga, allora, un necessario aggiornamento intorno al paesaggio”.
Parole sante, e in quest’ottica occorre leggere il Punto 1, dedicato alla Montagna e le aree protette.
Nei pressi del rifugio Porta

Nuovo Bidecalogo
Punto 1: Montagna e Aree protette
L’alta montagna nel suo complesso rappresenta l’ultimo ambiente naturale ancora non completamente antropizzato dell’Europa e del Mondo e riveste, anche per tale motivo, un’importanza assolutamente eccezionale. La tutela della montagna in tutte le sue più notevoli peculiarità (ghiacciai, acque, creste, vette, crinali, forre, grotte o qualsiasi altro elemento morfologico dominante o caratteristico, vegetazione, popolazioni, animali) è essenziale per la conservazione e, ove possibile, il ripristino della biodiversità degli ambienti montani.
Assumono un ruolo fondamentale a questi fini le aree protette comunitarie, nazionali, regionali o locali, in particolare i parchi e le riserve naturali esistenti.
La posizione del CAI
Per il CAI è fondamentale la frequentazione, la conoscenza e lo studio della montagna in tutti i suoi aspetti sia naturali (flora, fauna, acque, rocce e ghiacciai) sia antropici (cultura, storia, risorse e attività delle Terre Alte).
Il CAI è convinto sostenitore della rete delle aree protette.
Ritiene di fondamentale importanza che:
• il sistema delle stesse debba essere inteso, pianificato e sviluppato quale sistema di rete ecologica senza soluzione di continuità;
• la rete di aree protette, parchi, SIC (Siti di Importanza Comunitaria), ZPS (Zone di Protezione Speciali) non debba subire alcuna riduzione di superficie;
• debba essere dedicata particolare attenzione ai corridoi ecologici, siano essi di primaria o secondaria importanza, onde evitare il formarsi di barriere antropiche che compromettono il collegamento territoriale tra le aree protette e il libero passaggio delle specie.
Auspica la revisione della legge nazionale sulle aree protette, che preveda tra l’altro:
• una dotazione finanziaria adeguata;
• una gestione che ne garantisca la tutela;
• una migliore strutturazione e competenza degli enti gestori.
L’impegno del CAI
• coadiuvare ed integrare, per quanto necessario, iniziative di tutela delle zone montane di preminente interesse naturalistico, educativo, culturale, scientifico;
• promuovere studi e ricerche finalizzati alla conoscenza degli aspetti naturali e antropici, in particolare di quelli più delicati e a rischio;
• collaborare con centri di ricerca (per es. Comitato Glaciologico), Università e progetti scientifici;
• sollecitare gli Enti preposti ad indirizzare la pianificazione territoriale alla tutela e alla conservazione dell’ambiente in contrapposizione al suo sfruttamento ed appoggiare proposte economiche ecocompatibili e sostenibili che permettano alle popolazioni di permanere nei territori di loro residenza;
• partecipare alla gestione dei parchi e delle aree protette, quando lo sia previsto per le associazioni ambientaliste dalla legge istitutiva;
• ricercare forme di partecipazione diretta nella conduzione e gestione di territori particolarmente fragili e di riserve naturalistiche, SIC, ecc.;
• sostenere ed estendere la sottoscrizione di convenzioni collaborative con la Federparchi e con singoli Parchi Nazionali e Regionali ed Aree Protette in genere.
L’impressione che si ricava da questo enunciato è estremamente positiva per ciò che riguarda le aree protette, non così per le altre aree. Io sono dell’opinione che tutta la nostra montagna alpina e appenninica debba essere difesa, dal CAI e da noi tutti, con uguale impegno, a prescindere se una qualche legge o un qualche interesse scientifico, economico o quant’altro, abbia istituito o meno un’area di protezione. Le popolazioni di montagna hanno lo stesso diritto-dovere di vivere nella loro zona, nell’ottica dello sviluppo sostenibile, senza fare riferimento a istituzioni più o meno imposte o condivise, bensì facendo riferimento nient’altro che all’amore per la propria terra e al rispetto per loro stesse e la loro cultura.
Il CAI, non avendo sottolineato questo importantissimo punto, si è posto, sia pure in modo involontario, sullo stesso piano di quelle riviste illustrate, più o meno turistico-naturalistiche, che non prendono neppure in considerazione un’area se non ha almeno un bollino di classificazione di area protetta, o almeno un preminente interesse naturalistico, educativo, culturale, scientifico, come se, nelle aree del tutto prive di questi riconoscimenti burocratici o accademici, non ci fosse nulla da difendere e tramandare nel tempo. Con questa cultura, qualunque Amministrazione si sente autorizzata ai peggiori sfruttamenti, perché se un’area non è protetta allora la si può sfruttare: e la si può sfuttare proprio perché non l’hanno protetta…
Vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 0
Vedi Nuovo Bidecalogo del CAI Punto 2